Alessandro Gualtieri
Gli inglesi sull'Altopiano di Asiago
La British Expeditionary Force (B.E.F.), l’Esercito Inglese, arrivo’ in forze sul fronte Italiano a partire dal Novembre 1917. Nel Marzo dell’anno successivo il XIV Corpo fu dislocato tra Asiago e Canove, in appoggio alle già provate divisioni italiane in trincea. Sulla sinistra della linea comparvero anche alcune truppe Francesi, mentre all’Italia rimase il compito di difenderne i settori orientali. La situazione divento’ molto delicata quando l’Austria attaccò in forze dal Grappa a Canove, il 15-16 giugno 1918. La prima linea Alleata fu sfondata di circa un chilometro, ma subito riconquistata in seguito agli immediati contrattacchi. I primi soldati inglesi a giungere in Italia furono gli artiglieri dei Gruppi 94° e 95° che si portavano appresso 10 batterie di 40 obici da 151 mm, li comandava il generale P. D. Hamilton. Dopo la rotta di Caporetto il Corpo di Spedizione Britannico veniva a dar man forte alle truppe italiane, stremate dal perdurare della guerra. Cinque le Divisioni al comando del generale Sir Herbert Plumer: la 5°, 7°, 23°, 41° e la 48°. Le prime tre composte da poco più di 36.000 uomini furono schierate, nella nevosa primavera del 1918, lungo il settore centro occidentale dell’Altopiano. Il 15 giugno gli austriaci tentarono l’ultimo disperato sfondamento verso la pianura veneta; questa singola azione di guerra costò ai “Tommies” inglesi 1400 tra morti, feriti e dispersi, una enormità se si pensa che l’incarico degli alleati era, almeno sulla carta, prettamente difensivo.
Nell’ottobre del 1918, a guerra ormai finita, sulla linea Cesuna – Granezza rimaneva la sola 48° Divisione che, unitamente a francesi ed italiani, insegui la ritirata nemica fino a Trento. Delle perlopiù sconosciute, epiche gesta di eroismo dei “Tommies” inglesi rimangono a testimonianza le numerose lapidi bianche e la libertà di chi sopravvisse. Le lapidi, che la tradizione vuole ottenute direttamente dalle bianche scogliere di Dover, in Gran Bretagna, sono bianche, tutte uguali e perfettamente allineate. Non c’è distinzione apparente tra ufficiali e soldati di truppa, solo avvicinandosi ad ogni lastra marmorea si può leggere in bassorilievo il nome e il grado del caduto, la specialità operativa, il reparto di appartenenza e l’età al momento della morte. Per lo più giovani dai 20 ai 30 anni, molti “Privates”, soldati semplici. Per tutti vale la medesima sepoltura perché uguale fu il sacrificio. A differenza dei molti cimiteri italiani ed austroungarici, da cui le salme sono state più volte traslate per giungere infine all’Ossario del Leiten, quelli britannici hanno mantenuto inumati i propri caduti dentro ai primari sepolcri.
Sull’Altopiano di Asiago i cimiteri del contingente inglese sono praticamente l’uno simile all’altro, variano leggermente per ampiezza e per il panorama che li circonda. Sono collocati in zone immerse nel verde ed alquanto comodi da raggiungere, poiché posti lungo il dedalo di stradine che centinaia di turisti usano percorrere durante le passeggiate tra i boschi. Questi piccoli “British Graves” furono costruiti sui luoghi stessi che videro lo svolgersi della lunga battaglia: in località Granezza vi sono 142 lapidi, in Val Magnaboschi 183, al Boscon 166, a Cavalletto 100, Barenthal 126. Altri cimiteri sono posti ai piedi dell’Altopiano, vicino agli ex ospedali militari, agli acquartieramenti ed agli aeroporti, a Dueville vi sono 135 salme, a Montecchio Precalcino 439. Altre sepolture inglesi sono presenti in zona Piave precisamente a Giavéra del Montello e a Tezze di Vazzola.
La data di costruzione dei British Cemeteries rimane incerta, alcune foto tratte dall’”Illustrazione Italiana” ritraggono i reali di Inghilterra in visita presso Magnaboschi allle tombe dei loro connazionali. L’intestazione della rivista è della primavera 1923, si può quindi evincere che dopo appena 3 o 4 anni dalla fine del conflitto il cimitero era già stato ultimato. Oggi come allora la sensazione che impressiona il visitatore è la semplicità e la perfezione in cui versano questi piccoli fazzoletti di terra, a tal fine erano rivolte le intenzioni dell’architetto Sir Robert Lorimer che ne diresse i lavori. Esternamente, sulla entrata, una epigrafe avverte il pellegrino: "Il suolo di questo cimitero è stato donato dal Popolo italiano per l’eterno riposo dei soldati delle armi alleate caduti nella guerra 1914 -1918 e che saranno qui onorati”.
Tanto ordine e perfezione è mantenuta da un responsabile: Claudio Magnabosco. Praticamente da sempre la custodia è demandata dal Commonwealth alla sua famiglia, tra le due guerre se ne occupò il nonno GioMaria al quale seguì il padre Giacomo che passo l’incarico, tuttora ricoperto, al figlio. Con meticolosità che potremmo definire anglosassone vengono eseguiti il falcio dell’erba, la pulizia di lapidi e monumenti ed il rinnovo del registro visite. Quest’ultimo è mensilmente spedito alla sede romana della War Graves Commission responsabile della Western Mediterranean Area che periodicamente invia suoi emissari a controllare lo stato delle strutture murarie e le condizioni dell’arredo vegetale. Oltre ai cinque cimiteri dell’Altopiano la famiglia Magnabosco si occupa periodicamente delle cure di altre singole tombe inglesi situate in terra trentina: 2 a Matterello, 2 a Romagnano e una presso il cimitero civile di Trento. Per lo più si tratta di avieri caduti col proprio aereo in zone allora occupate dalle truppe austriache. Ovviamente il grosso del lavoro è assorbito dai cimiteri dislocati sui Sette Comuni, visitati d’estate da migliaia di persone.
Copyright Alessandro Gualtieri 2010
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